Il 2 dicembre 2019, a firma Federico Storni si poteva leggere sul CdT : “Al posto del deposito delle Autolinee regionali luganesi (ARL) su via La Santa a Viganello sorgerà un edificio di sette piani (uno interrato), adibito per metà a hotel (i primi 4 piani, per un totale di 110 camere) e per metà ad appartamenti pensati per soggiorni di breve durata (saranno 100, tutti mono- o bilocali) a pigione moderata e da destinarsi soprattutto ad anziani e studenti (leggi l’articolo sul Corriere del Ticino). “Ora il progetto c’è, e il tempo dirà se saprà fare cambiare idea a chi si è già opposto.”
Dagli anni Ottanta del secolo scorso, epoca in cui è entrato in vigore il piano regolatore, la Città è profondamente cambiata; alla concezione di crescita illimitata del suo superato PR è purtroppo assimilabile anche la normativa dei fondi in cui sorge il Deposito ARL a Viganello, pur se l’entrata in vigore di tale normativa è successiva. I decenni trascorsi richiedono di rivedere la pianificazione della Città tutta.
È rigidità non cambiare idea quando le cose cambiano. È rigidità non cambiare punto di vista sul territorio. Non pare quindi cattiva notizia il comunicato stampa del 29 novembre 2019 del Municipio: “La Città di Lugano ha pubblicato oggi il concorso per la prequalifica di tre gruppi incaricati di elaborare una visione del Piano direttore comunale“, perché questa notizia conferma il fatto che la pianificazione è assolutamente da rivedere, e in ciascun quartiere di Lugano, compreso Viganello.
Alla luce dei fatti è quindi legittimo chiedersi se un intervento edilizio ingente quale l’edifico di sette piani immaginato dal costruttore che consentirebbe l’insediamento di circa 300 persone ( appartamenti) e circa 150 unità turistiche ( tra camere d’albergo e posti ristorante ) non debba essere esaminato alla luce della “nuova visione per il Piano direttore comunale”.
Si rileva che in attesa della citata nuova visione è sconsiderato consentire da parte del Comune la demolizione dell’esistente deposito ARL, come pure avvallare la costruzione del nuovo infecondo complesso edilizio.
Non è ininfluente il valore storico del deposito ARL, che un tempo era il magazzino della società che gestiva la ferrovia Lugano-Cadro-Dino; esso è menzionato nell’Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere, l’ISOS. «Per il volume, le forme e i dettagli particolarmente rappresentativi dell’edificazione di tipo industriale degli inizi del XX secolo e per l’unicità del genere in quel contesto, si impone la rimessa per i mezzi delle ARL.” Secondo lo storico dell’architettura Riccardo Bergossi l’edificio presenta un linguaggio Liberty anche se non prettamente floreale, ha un valore storico importante legato alla Cadrolina, ma soprattutto ha un valore identitario per il quartiere.
Da un profilo più generale, parlando di Piano direttore comunale, si sottolinea che l’area del deposito ARL fa parte del Comprensorio del Cassarate segnalato fin da 2000 alla Città come fondamentale per uno sviluppo urbano equilibrato e per valorizzare la risorsa suolo urbano nel modo più parsimonioso e innovativo, traendo partito dalle caratteristiche e peculiarità delle attività presenti, in dismissione e passate. I dettagli delle analisi svolte su tale comprensorio (consultabili qui) impongono di non fermarsi a pure valutazioni quantitative del territorio occupato dalle attività economiche e del suo potenziale di intervento; sarebbe riduttivo perché non si tratta semplicemente dell’estensione delle aree ma di componenti importanti della memoria e dell’immagine urbana, risorse in primo luogo culturali.
La lettura territoriale svolta ha messo in luce il fatto che il paesaggio della produzione, in particolare in un quartiere come quello di Viganello, sta a cuore ai cittadini che “usano” la memoria storica come chiave per non entrare soli (come invece spesso fanno i tecnici e gli operatori economici) nel futuro, ma accompagnati dal bagaglio di strade, volti, monumenti della propria città: è un insegnamento per tutti gli attori sociali e anche per i pianificatori. I “metri cubi a nuovo” non servono allo scopo, neppure quelli previsti dai costruttori al posto del deposito ARL. Sono queste le opportunità urbane, civili, di sostenibilità sociale da non perdere, superando anche l’obiettivo di valutare eventuali nuovi volumi con i soli parametri del “ livello di qualità architettonica e standing”. Tale obiettivo si rivela di basso profilo se non vi è spessore culturale e aggancio alla memoria storica. È per questi motivi che occorre vigilare anche sulla sorte di un altro luogo del lavoro significativo per il comprensorio del Cassarate, il Macello comunale, cui il concorso di architettura bandito nel 2019 dalla Città deve offrire soluzioni che riconoscano il valore culturale e sociale del luogo e degli edifici. È un altro caso in cui il recupero del patrimonio esistente è questione di interesse pubblico prevalente.
All’obiezione se non sia nostalgico voler mantenere un deposito dei bus si risponde con una testimonianza data dall’imprenditore Bordoni a proposito della Sabo, distante poche decine di metri dal deposito ARL. La testimonianza documenta l’importanza dei diversi mezzi di trasporto nella crescita urbana: “Per quanto concerne il carico e lo scarico di materie prime e prodotto, è interessante sottolineare l’avvento del carrello trasportatore stradale inaugurato nel 1952: la prima esperienza in Ticino di transito urbano di un carro ferroviario trainato da un autocarro, evitando il trasbordo delle merci.”. Questa testimonianza dimostra che anche un deposito dei bus è componente significativa della crescita urbana, è archivio vivo della città.
Per lavorare a nuove visioni occorre dal profilo pianificatorio rivedere senza remore il piano regolatore e per farlo occorre ri-vedere il territorio, nel senso di tornare a vederlo, guardarlo, e guardarlo di nuovo, più da vicino, meglio. Occorre fare lettura territoriale. Per questo motivo al “collegio di esperti transdisciplinare” formato dagli architetti, urbanisti, paesaggisti, ingegneri ambientali, pianificatori della mobilità, avvocati, esperti in pianificazione, economisti, sociologi, politologi, municipali e funzionari (vedi elenco nel comunicato stampa citato) chiamati in causa occorrono componenti urbane significative da esaminare.
Occorrono componenti territoriali da poter leggere, e a questo non servono i “metri cubi a nuovo” né le aree in cui si è fatta tabula rasa. Le demolizioni avvengono a scapito di brani di paesaggio urbano densi di significato culturale, come è stato il caso per diversi altri edifici e luoghi di questo medesimo comprensorio e come mostra il video della demolizione dei Molini Bernasconi (visibile qui) da noi filmata il 7 dicembre 2004 arrivando per caso nei pressi dell’area, poco distante dal deposito ARL. Guardare allora quel “cantiere” era inquietante perché si assisteva impotenti all’eliminazione di “pezzi di città” ma rivedere oggi le immagini lo è di più, perché si deve purtroppo ancora constatare indifferenza al problema. Nel 2005 ingenuamente e a titolo di esempio a lato di questo video sulla demolizione dei Molini avevamo inserito le fotografie di quattro aree dismesse o in dismissione in città (Oleificio Bordoni, deposito Campari, salumificio Volonté e fattoria Ruggì) e ciò per offrire agli amministratori comunali non uno sguardo nostalgico, ma una visione propositiva su cui basare la salvaguardia e valorizzazione delle aree medesime.
Cambiare punto di vista, non pensare alla città come a un serbatoio di potenzialità edificatorie e di sostituzioni edilizie speculative, essere propositivi e innovativi si può, vale anche per gli amministratori comunali e per gli investitori. Diversa è la prospettiva degli operatori che hanno interesse a mantenere strumenti urbanistici superati che non sanciscono forme di recupero innovativo del patrimonio esistente: tali operatori vogliono mantenere lo status quo normativo perché lo ritengono più remunerativo.
Sullo sfondo una domanda provocatoria ma civile: per una città di indaffarati uffici che di sera tristemente si svuota, non è meglio ridare spazio e importanza al lavoro, senza paura di parlare di artigianato, di piccole attività imprenditoriali, di cultura materiale, di attività produttive innovative in un bell’edificio liberty recuperato invece che all’ennesimo complesso edilizio con lounge-bar uguale a mille altri?
(articolo arch. Cristina Kopreinig-Guzzi)
Bertolt Brecht. Domande di un lettore operaio, Poesie di Svendborg 1939.
Tebe dalle Sette Porte chi la costruì ?
Ci sono i nomi dei re, dentro i libri.
Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?
Babilonia, distrutta tante volte,chi altrettante la riedificò?
In quali case di Lima lucente d’oro abitavano i costruttori?
Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia,i muratori?
Roma la grande è piena d’archi di trionfo.Su chi trionfarono i Cesari?
La celebrata Bisanzio aveva solo palazzi per i suoi abitanti?
Anche nella favolosa Atlantide la notte che il mare li inghiottì,
affogavano urlando aiuto ai loro schiavi.
Il giovane Alessandro conquistò l’India.
Da solo?
Cesare sconfisse i Galli.
Non aveva con sè nemmeno un cuoco?
Filippo di Spagna pianse, quando la flotta gli fu affondata.
Nessun altro pianse?
Federico II vinse la guerra dei Sette Anni.
Chi, oltre a lui, l’ha vinta?
Una vittoria ogni pagina.
Chi cucinò la cena della vittoria?
Ogni dieci anni un grand’uomo.
Chi ne pagò le spese?
Quante vicende, tante domande